Posts Tagged ‘neil kinnock’
Posted by homoeuropeus su 7 Maggio 2010
Nella notte tra il primo e il due maggio 1997, erano da poco passate le tre, John Major scese nella sala stampa del quartier generale conservatore e riconobbe la sconfitta del suo partito. Poi salì nel suo ufficio e telefonò a Tony Blair per congratularsi. Poche ore dopo Blair si insediava nell’ufficio del primo ministro a Downing Street, dove Major aveva avuto la cortesia di lasciare solo una bottiglia di champagne e un messaggio di auguri per chi si apprestava a fare «il più bel lavoro del mondo».
I camion dei traslochi ci avevano messo poche ore a portare via tutto, anche se da mesi ormai la vittoria di Blair era talmente scontata che Major aveva perfino dato autorizzazione che il leader dell’opposizione potesse avere le piantine del palazzo per poter organizzare al meglio il suo trasferimento.
«Le transazioni veloci sono una caratteristica del nostro sistema istituzionale – spiega George Jones, professore emerito alla London School of Economics e decano degli studi sui primi ministri inglesi – perché qualsiasi periodo di incertezza o di assenza di governo provocherebbe uno sbilanciamento nell’equilibrio dei poteri e forzerebbe la monarchia ad assumere le funzioni esecutive che le sono state sottratte fin dal Bill of Rights nel diciasettesimo secolo».
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Posted by homoeuropeus su 28 aprile 2010
Con i sondaggi che continuano a confermare l’ascesa di Nick Clegg e il Labour party che sta insesorabilmente scivolando in terza posizione, non c’è da soprendersi che nel quartier generale laburista le facce siano scure e che anche uno serafico come Peter Mandelson stia cominciando a perdere le staffe. Ieri, durante la consueta conferenza stampa mattutina, ha ripetutamente interrotto i giornalisti, e si è pure fatto cogliere di sprovvista dal corrispondente della Bbc: «Tu non sei candidato alle elezioni», ha sbuffato ad un certo punto lo stratega laburista, beccandosi prontamente un «Neppure tu, se per questo» da parte del giornalista Andrew Neil.
«Ci mancava solo che Mandelson cominciasse a perdere colpi» commenta Patrick Wintour, caporedattore politico del Guardian: «Queste elezioni sono come un terremoto, sono una delle elezioni più movimentate e incerte che io pesonalmente ricordi». E ne ricorda molte, dato che cominciò a seguire il carrozzone elettorale nel lontano 1992, quando i sondaggi davano Neil Kinnock vittorioso e poi il paese scelse John Major.
«Quella elezione serva da insegnamento», aggiunge, provando a mettere le mani avanti. «Evitiamo di fare previsioni, perché nonostante quello che dicono i sondaggi, può ancora succedere qualsiasi cosa. Le sorprese della campagna elettorale non sono ancora finite: mancano gli ultimi dieci giorni di campagna, durante i quali solitamente gli indecisi prendono posizione. E poi c’è l’ultimo dibattito televisivo…»
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Posted by homoeuropeus su 8 aprile 2010
Proseguo la serie sulle elezioni politiche inglesi (ve l’avevo detto che vi avrei perseguitato con questa cosa di GE2010, almeno fino al 6 maggio) con l’articolo che ho scritto per Europa, un ritratto di Lord Mandelson, si’, sempre lui, proprio Peter il grande!
Quando il partito laburista è in difficoltà e senza una precisa direzione di marcia, c’è una sola persona che può raddrizzarne le sorti: il pubblicitario che ha inventato il New Labour, l’imprenditore che l’ha saputo vendere al mondo del business, il comunicatore che l’ha promosso a livello europeo, l’uomo politico che ne ha sempre difeso l’eredità. Peter Mandelson, Lord protettore, ministro a tutto quello che conta davvero (impresa, innovazione, commercio, tecnologia) ha messo le sue arti occulte al servizio di Brown e ha salvato il suo governo da ogni tentativo di complotto.
A campagna elettorale ufficialmente aperta, Mandelson è di nuovo dove gli piace davvero stare, sulla tolda di comando della nave laburista, con l’incarico di direttore della strategia elettorale, un titolo che non fa onore a quello che realmente egli sta facendo: ridefinire il profilo politico del partito per evitare che le prossime elezioni siano una disfatta totale.
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Posted by homoeuropeus su 4 marzo 2010
Photo by Nils Jorgensen / Rex Features
Con la morte di Michael Foot si chiude un’epoca, quella della politica come passione pura. Non che adesso la passione non ci sia piu’, ma da sola non basta (almeno per fare politica ad un certo livello).
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Posted by homoeuropeus su 10 febbraio 2010
Prendendo spunto da quelle versate di fronte alle telecamere dall’ex spin doctor Alastair Campbell, il Times di ieri dedicava una pagina tra il serio e il faceto alle lacrime dei politici: c’erano quelle di Paddy Ashdown in visita ai campi profighi in Bosnia, quelle di Neil Kinnock quando Brown, appena eletto leader del Labour, pago’ tributo al suo coraggio e alla sua innovazione; non potevano mancare quelle di Bill Clinton alla notizia della morte di dieci cittadini americani a Nairobi, ne’ quelle di Margaret Thatcher che lascia definitivamente Downing Street (nella versione cartacea ci sono anche quelle di Obama, di Bush, di Cherie Blair e di alcuni altri).
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Posted by homoeuropeus su 30 settembre 2009
Non c’e’ il sole oggi a Brighton, e la battuta sul Sun che ha abbandonato il Labour dopo 12 anni e’ scontata.
Non so quanto questo pesera’ davvero in termini elettorali, perche’ ho sempre pensato che fosse la linea editoriale ad adattarsi agli umori dei lettori (e non viceversa), ma il fatto resta comunque significativo.
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Posted by homoeuropeus su 30 settembre 2008
Leggendo il post di Marco Campione a commento di un mio Manchester Diary, mi e’ venuto da chiedermi quali siano le differenze tra il Partito Democratico e il Labour party, non tanto sotto l’aspetto ideologico o programmatico, ma nella loro attitudine ad affrontare una situazione di difficolta’ e di smarrimento, che, pur con tutti i distinguo del caso, mi pare sostanzialmente analoga.
Il primo, ovvio, enorme distinguo e’ che loro negli ultimi undici anni hanno governato, e governato bene, tanto da vincere per tre volte le elezioni, mentre noi, nello stesso perido, siamo entrati e usciti da Palazzo Chigi come si sale e scende da un autobus, riuscendo anche per qualche anno a stare al governo. (Governare? No, quello mai!). Leggi il seguito di questo post »
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Posted by homoeuropeus su 24 settembre 2008
Pubblicato su Europa di oggi – da Manchester.
«Il problema principale del Labour party sono i suoi undici anni al governo». Parola di Neil Kinnock, uno che ha dedicato la vita a modernizzare il partito e a tentare di riportarlo al governo. Kinnock, ovviamente, non attribuisce la colpa a quei due giovani deputati che egli stesso, quando era leader dell’opposizione, volle promuovere in posti di responsabilità nel suo governo-ombra. Anzi, il suo giudizio è entusiastico: «Blair prima e Brown adesso hanno uno straordionario record di successi al governo: essi hanno trasformato la Gran Bretagna, ridando forza e vigore alle idee e ai valori del Labour, e portandoli ad essere dominanti sulla scena politica nazionale ed internazionale. Il problema è che dopo undici anni è fisiologico un calo di interesse da parte dell’elettorato, indipendentemente da quanto bene tu abbia fatto, da quali sono le tue proposte per il futuro, da quello che dicono i tuoi oppositori» Leggi il seguito di questo post »
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Posted by homoeuropeus su 23 settembre 2008
Pubblicato su Europa di oggi – da Manchester.
C’è un tema che fa da leitmotiv alla conferenza laburista di quest’anno: l’elezione di un nuovo leader. Sembrava una realtà appena una settimana fa, quando gran parte del gruppo parlamentare aveva apertamente detto a Brown di farsi da parte e lettere di dimissioni erano pronte da parte di molti sottosegretari e ministri. Ma poi Brown è riuscito a sventare il complotto, blandendo qualcuno, licenziando qualcun altro, appigliandosi alle norme statutarie (che prevedono che la sfiducia sia formalmente sottoscitta da almeno 70 deputati).
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Posted by homoeuropeus su 21 settembre 2008
Risolti i miei problemi di connessione (grazie a Vodafone, non certo ai potenti mezzi del partito!) comincio questo diario della conferenza laburista.
Ha fatto bene il Labour party a scegliere (di nuovo) Manchester come sede della conferenza annuale, anziche’ una di quelle tristissime localita’ balneari (Brighton, Bournemouth, Blackpool) dove tradizionalmente si sono fatti e disfatti i destini della politica britannica. Non c’e’ il mare a fare da coreografia (ma il mare inglese, ancor piu’ in settembre, e’ grigio e malinconico) ma almeno c’e’ una citta’ vera e viva, una citta’ straordinaria, che in altri tempi, anche senza mare, e’ riuscita ad essere il terzo porto commerciale inglese (e non e’ uno scherzo!) e la capitale dell’industria tessile del Regno Unito. Questo nel secolo scorso: oggi, dopo decenni di crisi, Manchester e’ una citta’ rinata grazie ai progetti e ai fondi messi in campo dal governo laburista (primo tra tutti quello dei Giochi del Commonwealth).
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