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Denison: «Mosca mostra i muscoli. L’Europa l’aiuterà a usare il cervello»

Posted by homoeuropeus su 29 agosto 2008

Pubblicato su Europa di oggi.

Le operazioni militari russe contro la Georgia e il riconoscimento dell’indipendenza dell’Abkazia e dell’Ossezia del sud, le (ex) province ribelli di Tiblisi, hanno fatto crescere nei giorni scorsi la paura che stia per cominciare una nuova stagione di gelo nei rapporti tra l’Occidente e la Russia. La guerra fredda è tornata, hanno sostenuto in molti. Ieri, a conferma del fatto che la situazione si sta aggravando, il ministro degli esteri francese Bernard Kouchner ha esplicitamente parlato di sanzioni europee contro la Russia. Una minaccia che viene da uno dei paesi più attenti alle “ragioni di Mosca” e che quindi suona ancora più forte e autorevole, ma che è stata immediatamente sbeffeggiata dal ministro degli esteri russo, Sergei Lavrov, che ha parlato di «immaginazione malata» degli europei, confermando l’atteggiamento spavaldo che la Federazione russa sta tenendo in questi giorni di crisi.

All’esplicita condanna del comportamento russo da parte della Nato e G7,ieri i russi hanno dovuto incassare anche il sostegno poco convinto – ma possiamo anche dire il sostengo mancato – della cooperazione di Shanghai (Sco), che raggruppa Mosca, la Cina e le repubbliche ex sovietiche dell’Asia centrale. Pur riconoscendo «il ruolo attivo della Russia nel contribuire alla causa della pace e della cooperazione» in Ossezia del sud, il gruppo ha richiamato il Cremlino «alla fedeltà al principio della stima delle tradizioni storiche e culturali di ogni paese», negando quindi quel sostegno pieno e incondizionato che si aspettavano a Mosca.

Ma, al di là degli scontri verbali, delle dichiarazioni uffciali e delle prese di posizione diplomatiche, il clima si fa sempre più incandescente: ieri, in risposta all’ingresso della Polonia nel progetto americano di scudo stellare, la Russia ha lanciato missile balistico intercontinentale che – così lo stato maggiore di Mosca – si è dimostrato capace di infrangere la difesa antimissile americana.

Per Michael Denison, docente all’università di Leeds, stimato esperto di questioni energetiche e di sicurezzza dell’ex Urss, il rischio di una ulteriore degenerazione della situazione non è reale: «Ci saranno ovviamente ancora esibizioni di muscoli da entrambe le parti, ma non credo che si andrà molto più in là. Alla Russia infatti interessa mostrare una capacità di intervento e ottenere maggiore forza negoziale nei confronti di Nato e Ue. Un obiettivo che ha facilmente raggiunto, ma che ora rischia anche di perdere, se tira troppo la corda.»

Non vede quindi il rischio di un diretto intervento militare russo in altre aree dell’ex impero sovietico?
L’attacco alla Georgia è un segnale abbastanza forte anche per altre ex repubbliche. In realtà la strategia di Mosca è sempre stata di ingerenza diretta, attraverso l’individuazione di gruppi dirigenti filorussi. E credo che per quanto riguarda l’Ucraina la strategia russa sia proprio questa, in vista delle elezioni presidenziali del 2009. Inoltre ritengo che Mosca, per quanto ora non possa ovviamente tornare indietro, sia rimasta abbastanza colpita dall’unanimità della reazione internazionale, contro il suo attacco alla Georgia.

Lei crede che l’Unione europea sia riuscita a parlare con una sola voce?
Ovviamente ci sono state differenziazioni dovute alle relazioni di ogni singolo stato con la Russia e con la Georgia, ma complessivamente mi pare che, dietro al realismo politico della Francia, l’Unione europea e anche la Nato abbiano saputo mostrare un volto univoco. Certo ci sono state differenti sfumature tra la reazione inglese e quella italiana, ad esempio, ma sostanzialmente io credo che la Russia si aspettasse un’Europa molto più divisa e incapace di reagire. Invece la reazione è stata veloce e condivisa.

Pensa che le eventuali sanzioni possano essere efficaci o si tratta solo di una minaccia retorica?
Nel breve e medio termine le sanzioni non avranno alcun effetto. Avrebbero un reale impatto se prolungate nel tempo, ma nessuna delle due parti vuole questo esito. Detto questo, però, sono dell’idea che le sanzioni non abbiano solo una valenza economica, ma anche un grande significato simbolico. Mostrano una comunità internazionale unita e una Russia isolata. Un risultato che è assolutamente inacettabile per Mosca. Per questo, indipendentemente dal loro impatto economico, la Russia farà tutto il possibile per evitale.

Russia e Ue hanno strettissimi legami economici. Crede che questa situazione abbia o possa avere impatti negativi su queste relazioni?
Ovviamente alcune ricadute già ci sono, come ad esempio la questione del controllo della TNK-BP (una joint venture energetica russo-britannica, ndr), con l’uscita della compagnia inglese, ma a mio parere le vere conseguenze potrebbero essere molto più rilevanti. L’Europa probabilmente si renderà conto che non può continuare ad affidare la sua sicurezza energetica ad un partner così instabile e comincerà a cercare forme di approvvigionamento diverse. Certo, si tratta di uno scenario di lunga durata, ma si possono gettare le basi proprio in questo momento.

Perchè Mosca si è mossa in questo modo proprio ora? Crede che la questione dell’indipendenza del Kosovo abbia qualche connessione con la degenerazione della situazione in Georgia?
Ovviamente ci sono dei legami e delle analogie, ma la vera ragione va cercata nella non più procrastinabile individuazione di una soluzione per la Georgia e nella volontà di Mosca di avere una posizione di forza nelle trattative. Mosca non vuole essere solo una delle protagoniste, ambisce a recitare il ruolo di arbitro della regione.

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